FRITTELLE DI FARINA DI CECI del ricettario Carli (o CUCULLI genovesi)






Queste frittelline sono  una di quelle preparazioni che mi ha dato una grandissima quanto inaspettata soddisfazione mammesca, e quindi le posto e spiego immediatamente perchè se lo sono proprio meritato!
E grazie anche al buon caro ricettario Carli non tradisce veramente mai.
Ancora ho una copia di quello "vecchio", cioè quello ancora con le ricette originali del "Cav. Amedeo Pettini, già capocuoco del re Vittorio Emanuele III", con le  illustrazioni   "stile dopoguerra"  di Cappadonia che da piccola guardavo con attenzione una per una (cioè, chiariamo, non che io sia nata nel dopoguerra, o almeno... non nell'immediato dopoguerra, cioè negli anni '50: intendevo solo che quando io ero piccola il ricettario già girava per casa mia, come penso in molte altre case). Cioè, non  è la prima edizione, quella che disgraziatamente ho perso, quella con rilegatura di cartone spesso giallo, le pagine tendenti anche esse al giallo, spesso, no, è già l'edizione più..nuova, cioè quella di "soli" venti o trent'anni fa, già cartonata, con un design moderno, una pentola in copertina e solo con il logo mantenuto, quello in stile art déco, con la scritta "Fratelli Carli" in un bel corsivo tondeggiante. Ma le ricette, dentro, sono ancora le "vecchie", del buon Cav. Pettini.
Molte volte lo sfoglio, e mi sembra di leggere Artusi: le ricette sono scritte e descritte in un modo che sa di antico, di buono, uno stile semplice ed essenziale ma nello stesso tempo caldo e avvolgente, non so come dire.  Le descrizioni non sono asettiche, precise, quelle a cui siamo abituati oggi, anzi,  molte volte le indicazioni sono a "buon senso", basate sul "quanto basta". Non ci sono i gradi a cui mettere il forno, non ci sono i centesimi di minuto a indicare il tempo di permanenza nello stesso. Artusi direbbe "tirare a cottura" con un po' d'acqua, il ricettario Carli dice "mettere in forno; danno per scontato che si sappia quando una cosa è cotta, quando è della giusta consistenza, quando il forno è troppo alto, danno per scontato che chi legge abbia un minimo di giudizio e buon senso e non specificano più di tanto.
Ad ogni modo, per tornare a bomba, dicevo, a volte leggo questo ricettario così, per sfogliarlo, come lettura punto e basta. Ma ieri...ieri ho visto queste frittelle di ceci. Leggo: due righe di preparazione, tre ingredienti in croce. E sembrano succulente. E le faccio. Subito, oggi, stamattina presto!
Mi sono armata, ieri pomeriggio, di lievito di birra e maggiorana in vasetto, e stamattina non vedevo l'ora di provarle. Certo, la ricetta  prevede - per la farina di ceci - una notte intera di riposo, ma con 'sto caldo della malora, mi sono detta ieri sera,  se lascio l'mpasto tutta la notte a riposare, domani mattina me lo ritrovo che....cammina da solo! No, un quattro o cinque ore basteranno, le faccio domattina presto, verso le 8, e per l'una, ora di pranzo, sono pronte, cotte e mangiate! Quattro o cinque ore saranno più che sufficienti.
E infatti così è stato. La pastella, all'una di oggi, era un piacere, sembrava viva tanto era ...non dico "lievitata", perchè non è un impasto come il pane, ma...gonfiata, con tanti bei buchetti che indicavano una correttissima lievitazione. Insomma, friggo, scolo, servo a Gabriele.
"Assaggia, vuoi provare queste frittelline di farina di ceci?"
"No!" (Ma no?? Come tutti i bambini, Gabriele è più che diffidente verso le novità, nonchè refrattario e prevenuto!)
"ASSAGGIA SUBITO O TI LEVO LA NINTENDO DA DAVANTI AL NASO!"
Assaggia.
"Ti piacciono?"
"No". 
E intanto butta giù a pieni bocconi.
Dopo due bocconi ripeto la domanda:
"Sono buone, allora, eh, ti piacciono?"
"Sì, sono buonissime!"
E, dopo un bel po' di bocconi spariti in 5 secondi netti:
"ANCORA!"
"Ma...sono finite, te le sei mangiate tutte tu, non ce ne sono più!"

Ce n'erano otto.
..............

:-)))

Insomma, superata la perplessità dei primi bocconi data dalla estrema...sofficità, come dire, della farina di ceci, poi vanno giù che è un piacere.  Almeno, da quei due bocconcini di numero che ho potuto assaggiare..
P.S. L'istinto sarebbe stato di omettere le due cipolline e mettere solo la maggiorana: io non amo particolarmente il gusto di cipolla cotta, e Gabriele men che meno..
NON FATELO, invece: la cipollina, tagliata finissima, è quella che dà un tocco di gusto in più! Senza, non sarebbero così buone!

2° P.S. : girando per la rete, ho visto che a Genova queste frittelline sono chiamate cuculli o cuculi.  E vengono preparati anche con farina di grano o con patate lesse. Così, tanto per dire: appena becco un "vero" ligure gli chiedo se gli originali cuculli sono solo di farina di ceci o no. Un vero ligure.?? E' una parola: qui in Liguria ormai siamo tutti di Torino!! E al posto dei torinesi, a Torino, allora, chi  è rimasto?? ........;-)




Questa è la consistenza interna, sofficissima.

E questa è la pastella dopo circa 5 ore di lievitazione al caldo







FRITTELLE DI FARINA DI CECI dal ricettario Carli
(CUCULLI)

per 15 frittelline. Io, dimezzando le dosi, ho ottenuto circa 8 frittelline

(tra parentesi, le mie variazioni rispetto alla ricetta originale)

Mezzo kg di farina di ceci
10 gr di lievito di birra
maggiorana
due cipolline
sale
abbondante "olio Carli"

Stemperate la farina di ceci con acqua sufficiente a formare un impasto abbastanza denso (una pastella densa: io per due etti avrò messo circa mezzo bicchiere di acqua); unite il lievito e lasciate riposare una notte (io, con 30 gradi di temperatura, quattro ore e mezza). Mescolate poi con un cucchiaio di legno, aggiungete la maggiorana e le cipolline tritate ed un po' di sale. Friggete questa pasta in abbondate olio bollente gettandola in padella a cucchiaiate (un minuto o poco più per parte). Servite le frittelle calde spolverizzate con sale fino.